domenica 17 giugno 2012

Le facce della violenza

Il telefono squillava con insistenza ma Susanna non se la sentiva di rispondere, aveva bisogno di stare un po' da sola. Era stata una settimana pesante per il fisico e soprattutto per lo spirito.
Seduta davanti al computer sfogliava fotografie in bianco e nero, in quelle foto era giovanissima e spensierata. Immagini di giochi viaggi emozioni, i compagni di scuola e della giovinezza... chissà che fine avevano fatto? Persi di vista col passare degli anni le vicissitudini e le scelte di ognuno. Alcuni rimasti al paese dove li ritrovava quando andava a trovare gli anziani genitori. Un caffè quattro chiacchiere, pochi avevano realizzato i loro sogni nel lavoro ed erano insoddisfatti, altri con una separazione alle spalle si barcamenavano tra alti e bassi, altri ancora felicemente sposati da tanti anni e con figli ormai laureati.
Quelle parole... felicemente sposati... la riportano alla realtà.
Quante volte le ha ripetute con convinzione quasi ad irritare chi la ascoltava che quasi non credevano ai suoi racconti di una famiglia unita e collaborativa... come è possibile che non litighiate mai, le chiedevano... e lei a spiegare delle decisioni prese insieme a Simone su ogni cosa, dalle vacanze programmate al mare o in montagna a cosa comperare a Isabella, la loro unica figlia, fin dalla nascita o della scuola da farle frequentare.

Oggi Isabella ha una sua famiglia, è ingegnere navale, un indirizzo spinto da Simone che non la conviceva ma Isabella lo ha aveva accettato con entusiasmo anche se le aveva creato non pochi problemi. Primo tra tutti l'allontanarsi da casa, per lei nata tra le Dolomiti vivere a Genova non era stato facile. Quante proccupazioni quante ansie per quella ragazza così lontana... ma si era applicata con costanza conseguendo la laurea e trovando subito un buon lavoro. Poi la conoscenza di Franco, commercialista, il matrimonio la rinuncia al lavoro per stare vicino a lui in ufficio, il trasferimento a Potenza, la delusione di non avere figli...
Quante volte Susanna le aveva detto di non rinunciare ai suoi sogni al suo lavoro ma lei non l'aveva ascoltata sicura che fosse la scelta giusta ed ora stava male si sentiva chiusa in una boccia di vetro da dove guardava il mondo che andava avanti.
Una sensazione che Susanna non credva di conoscere fino a sei anni prima, quando per caso dal parrucchiere incontrò Michela con la quale si instaurò una bella amicizia.

Michela era una insegnante in pensione, si trovarono subito in sintonia. Era una donna libera nel pensiero... parlava di giochi, maglia, bricolage e libri letti allo stesso modo di come con serietà affrontava discorsi sulla politica o sulla vita, aveva mille interessi Michela e questo la affascinava.
Con lei Susanna per la prima volta in vita sua aveva iniziato a parlare di sé di cosa le piaceva di cosa avrebbe voluto fare... E perché non lo fai?
Quella domanda fatta così a bruciapelo la lasciò senza parole. Cosa poteva rispondere? Cosa dire?
Non aveva mai fatto nulla senza parlarne con Simone.

I mesi dopo quella domanda la portarono a rivedere e riascoltare gli anni, le decisioni prese con lui... ma davvero erano state prese insieme? Davvero lei aveva contribuito a quelle scelte... o le aveva subite...
Il mondo le crollò addosso quando si trovò ad ascoltare la risposta che uscì dalle sue labbra senza rendersene conto... No non ero d'accordo!
Furono giorni molto pesanti quelli che visse dopo. Evitò di incontrare ancora Michela ed iniziò a fare caso ai momenti decisionali che si presentarono, a dire la sua, iniziò a parlare un po' del suo lavoro in ufficio, dei problemi che questo le creava e vide un Simone diverso, un Simone che si irritava... che la trattava male dicendole che non poteva capire quello che lui stava dicendo... che non ne era all'altezza... di continare a fare il suo lavoro in casa... di smetterla di parlare del suo lavoro che era una "stupidata" che anche una ragazzina avrebbe potuto farlo.
Non era più l'uomo che conosceva da trent'anni anni
Susanna era responsabile di un ufficio all'Agenzia delle entrate... non era una cosa da poco, aveva molte responsabilità, personale da gestire ed organizzare, pratiche da controllare... no non era una stupidata.
Aveva studiato, si era laureata in lettere, avrebbe voluto fare la giornalista ma Simone disse che era meglio accettare quel lavoro che sarebbe stato un posto sicuro per la famiglia... e lei "decise" che era la scelta giusta.
Quante scelte giuste aveva fatto Susanna decise da Simone?
Tante, troppe!
Chiamò Michela e si incontrarono, a cuore aperto le raccontò delle sue riflessioni, le raccontò del disagio che stava vivendo. Michela la ascoltò con attenzione, in silenzio, interessata alle sue parole alle sue lacrime.
Si ritrovò ad abbracciarla singhiozzando sfogando con lei tutto il suo dolore, la sua delusione per una vita che credeva felice fino ad un anno prima.
Si guardarono alla fine negli occhi, in silenzio... un silenzio carico di comprensione, bevvero un caffè e si lasciarono come se avessero parlato per giorni, come se si fossero dette e compreso tutto.
Tornò a casa rassicurata da quelle due ore, raccolse tutta la sua forza interiore ed attese Simone preparando la cena con uno spirito diverso con una coscienza di sé che aveva lasciato in fondo alla vita tanti anni prima.
Quando Simone arrivò cenarono in silenzio, sparecchiò la tavola, lavò i piatti e poi affrontò il discorso.
Ci fu molta tensione quella sera, Simone diede la colpa di tutto a Michela ma Susanna con molta calma e serenità d'animo si alzò dicendo che la colpa era unicamente sua perché per troppi anni lo aveva lasciato decidere anche per lei. Come quelle volte in cui lei sceglieva le scarpe ma era lui che decideva quali dovesse comperare, o sulle vacanze, quando lei avrebbe preferito il mare ma si andava in montagna perché lui raccoglieva funghi mentre lei rimaneva in albergo a riposare... ma lei non voleva riposare, lei avrebbe voluto vivere!
Parlarono a lungo... parlò a lungo e gli disse tutto quello che aveva nel cuore ed alla fine gli chiese se voleva "ricominciare", ricominciare con una Susanna ed un Simone nuovi... non da subito certo, con il tempo... quello necessario a lui per capire per comprendere ciò che lei aveva compreso.
Simone non rispose, si alzò ed andò a dormire. Per la prima volta Susanna dormì sul divano.

Passarono i giorni nel silenzio, vissero quasi da estranei per un paio di settimane infine arrivò la risposta di Simone... No non potevano andare avanti... lei non era più la Susanna con cui aveva vissuto.
Soffrì per quella risposta ma era decisa... voleva far vivere Susanna! Gli disse che il giorno dopo non l'avrebbe trovata a casa che si sarebbe trasferita a casa dei genitori in attesa di trovare una casa sua.
Andarono a dormire e fu Simone a dormire sul divano.
Al risveglio Susanna preparò le valige e partì.

Il telefono squillò di nuovo... era Michela che le chiedeva se poteva andare in associazione... una donna aveva bisogno di parlare con lei, la rassicurò sul suo arrivo e riattaccò.
Si cambiò e velocemente raggiunse l'associazione... Donne Insieme... dove era entrata dopo aver lasciato Simone e la sua vecchia vita lavorando fianco a fianco con altre volontarie e soprattutto a fianco di Michela che scoprì esserne la presidente quel giorno che se ne andò di casa.
Michela aveva riconosciuto fin da subito la violenza che stava subendo Susanna ma non le disse nulla l'aveva ascoltata... ascoltata molto e per diverso tempo ed aveva fatto solo una domanda... il resto lo aveva fatto lei, guardandosi dentro e facendosi da sola tutte le altre domande.
Lei ce l'aveva fatta tutta da sola ma la donna che aveva ora davanti stava chiedendo disperatamente aiuto, non aveva lividi... non ne aveva di visibili sul corpo... ma erano indelebili quelli che aveva nell'animo e l'associazione era lì per questo... per aiutare con l'ascolto silenzioso tutte le Susanna che bussavano a quella porta e con l'aiuto concreto quelle che da sole non ce la facevano.
Susanna aveva imparato a sue spese che i lividi che non si vedono sono dolorosi quanto quelli che tante donne nascondono con il trucco e con le scuse di spigoli e cadute inopportune... aveva imparato che la violenza ha tante facce... e tutte dolorose.

lunedì 11 giugno 2012

La faggeta sulle Apuane

Caterina stava rannicchiata sulla sua poltroncina di vimini all'ombra del grande castagno del bisnonno, ogni tanto alzava gli occhi dal libro e guardava lontano, si perdeva in quel paesaggio fatto di montagne grandi alberi e squarci bianchi come la neve. I suoi monti come li chiamava lei, le Apuane per tutti gli altri.
Era partita da lì tanti anni prima, era una bambina ma appena s'è presentata l'occasione ha fatto di tutto per tornare alla vecchia casetta dei nonni, la casetta dove era nata, dove aveva mosso i primi passi tra quelle rocce in mezzo ai boschi di lecci faggi e castagni. Ci andava con la nonna che le raccontava di folletti nascosti tra le radici delle grandi piante indicandoglieli... ecco lo vedi, guarda è lì... vicino a quel rametto... ma i folletti dovevano essere veloci per quanto fossero piccoli perché lei non aveva mai fatto in tempo a vederne uno e la nonna rideva di quel suo broncio dispiaciuto... sarà per la prossima volta, ancora non ti conoscono e si nascondono.
Gli anni erano passati, a volte veloci a volte interminabili tra gioie e dolori come per tutti.
Caterina avrebbe tanto voluto tornarci a vivere con il suo Luca che aveva imparato ad amare quei luoghi quando venivano a trovare i nonni e si fermavano un po' di giorni. Quante passeggiate fatte mano nella mano alla ricerca di castagne o frutti di sorbo, trovavano anche i funghi ma non piacevano a nessuno dei due e si limitavano a guardarne la bellezza ed i colori e poi, i bagni nel torrente insieme agli amici... quanti ricordi solo a guardare quei monti.
All'improvviso sente una vocina che la chiama, non capisce da dove venga... chi può mai essere arrivato fin quassù. Caterinaaa Caterinaaa vieni a prendermi che da solo non ce la faccio. Si guarda intorno ma non vede nessuno... che strani scherzi fa il vento, probabilmente sono ragazzi che giocano laggiù più a valle... Caterinaaa... ma no... stanno proprio chiamando lei.
Si alza pigramente e si guarda intorno... non c'è nessuno. Ride di sé e torna al suo libro ed alla comoda poltroncina.
Il libro la riassorbe, le piacciono i racconti di Liala che le fanno vivere atmosesfere d'altri tempi.
Ma ecco di nuovo la vocina... Caterina sono qui... ora mi vedi? Caterina si stropiccia gli occhi e guarda in direzione della vocina e... lo vede... Oh! mi hai visto finalmente, non ti ricordi di me? Ma... veramente... non ricordo. Come puoi non ricordarti di me, mi hai incontrato tante volte con la nonna quando passeggiavi nella faggeta, eravamo piccoli tutti e due. Caterina cerca di ricordare ma proprio non ce la fa e mentre lo guarda cercando nei suoi ricordi di bambina si accorge che qualcun altro è lì con loro... Luca... che ci fai qui? quando sei arrivato, non ti ho sentito e mentre parla gli butta le braccia al collo riempiendolo di baci. Luca, il suo Luca, finalmente lo poteva toccare dopo tanti anni di sogni. Luca, tesoro, non sei cambiato. Nemmeno tu Caterina sei sempre bellissima come quando ti ho lasciata... sono tornato per restare e vivremo qui, insieme, noi tre.
Caterina sentì una squillante risata... abbassò lo sguardo e lo vide... era lì... vicino al suo piede... piccolo e col cappellino rosso come diceva la nonna... era il folletto che non era mai riuscita a vedere ed ora era lì con lei ed il suo Luca.
Era finalmente di nuovo felice Caterina. Aprì gli occhi quando una folata di vento fresco le scompigliò i bianchi capelli guardò i suoi amati monti...sorrise...  richiuse gli occhi e si allontanò verso la faggeta con il suo Luca ed il folletto.