martedì 12 gennaio 2016

Lunapark, la casa degli orrori

Estate Fine anni '60, avevo 16/17 anni e con il “fidanzato”... e la solita ragazza maggiorenne vicina di casa (perché senza il suo accompagnamento non potevo uscire con un ragazzo... altri tempi) andammo al lunapark.
L'autoscontro, il tiro ai barattoli, il calcinculo (la giostra con i seggiolini appesi alle catene), le gabbie, provai anche a vincere qualche cosa piantando chiodi con un grosso martello, la ruota panoramica, l'otto volante, la casa degli specchi una sorta di labirinto dove si entrava da soli ritrovandosi poi con tante altre persone che vagano tra quegli specchi ridendo di gusto e dal quale non mi fu tanto facile uscire... ricordo che mi aiutò il giovane giostraio. Tutti giochi belli divertenti e grandi risate all'aria aperta.
 Rimaneva solo “la casa degli orrori”
Che facciamo? Entriamo?
 
La maggiorenne disse di no perché là dentro si sarebbe spettinata, insistetti per poterci andare io... in fin dei conti dove potevo andare se entrata ed uscita erano obbligate, bastava che mi aspettasse alla fine del giro.
Acconsentì e così mano nella mano entrai con lui.
Il percorso era accidentato, si camminava su superfici morbide che si muovevano, oggetti che facevano il solletico alle gambe, luci che debolmente si accendevano illuminando scheletri ed assassini insanguinati, sbuffi d'aria che ti alitavano sul viso, fili che al contatto della pelle sembravano ragnatele, pozze d'acqua che non c'erano.
Ammetto, avevo paura e stringevo la sua mano senza mai mollarla, quanti urli... volevo uscire ma non era possibile... avrei dovuto arrivare fino in fondo a quel tunnel che non finiva mai.
 
Ad un certo punto qualcosa mi toccò, qualcosa di morbido, caldo, cercai di togliermelo di dosso... erano mani... mani vere che frugavano il mio corpo, urlavo tenendo per mano il mio ragazzo che inizialmente rideva della mia paura e non capiva, era molto buio, aumentammo l'andatura ma il pavimento era instabile e caddi diverse volte, mi aiutò a rialzarmi ma quelle mani le avevo sempre addosso... ovunque.
 
Divincolandomi lasciai la sua mano e dopo un tempo interminabile finalmente fui fuori lasciandolo indietro.
Arrivò subito dietro a me e mi disse che anche lui aveva “sentito” qualcosa ma mentre scappavo si accese qualche luce e non c'era nessuno.
Non potevo essermi sbagliata, quelle mani più volte allontanate erano vere, non erano effetti “speciali”.
Inutile dire che non sono mai più entrata in una casa dell'orrore, se non quelle dove si stava seduti su carrelli.
Vi dirò... un dubbio mi passò per la testa... poteva essere stato il mio ragazzo?
Ma se una mano teneva la mia, nella fase più convulsa l'altra era intorno alle mie spalle... quante mani aveva sto' ragazzo e che non ho mai visto nei tanti anni seguenti?
 
Perché parlo di questa storia? Perché i fatti di Colonia me l'hanno ricordata. 
Una grande differenza, nemmeno paragonabile lo so... lì non era un tunnel buio, lì erano all'aperto... sicuramente in compagnia di amiche, amici e gente conosciuta ma anche sconosciuta... che non ha fatto nulla?
Le cronache dei giornali non ne parlano ma... possibile che erano tutte donne da sole a festeggiare il capodanno? Possibile che nessuno tra amiche, amici e tutti gli altri che non fossero i molestatori sia intervenuto?
 
Che rabbia l'informazione a “un pezzo e un boccone”...