giovedì 7 maggio 2020

La mela, quella mela

Per aver mangiato una mela ci è stato detto: partorirai con dolore... 
Abbiamo avuto quindi in dotazione alla nascita quella applicazione, oltretutto (nel mio caso) rivelatasi poi anche non funzionante... 
A qualcun altro è stata forse inserita come unica applicazione, la metterai in condizione di partorire? 
È lei che ha preso la mela e l'ha mangiata, vero. L'ha data anche a lui e se l'è mangiata, verissimo... 
Ma, allora, perché solo noi ci ritroviamo un centinaio di altre funzioni imposte in seguito solo perché donne!

E no, è ora di finirla, non è così che funziona.
Ci sono cento cose da fare in una giornata? 
Bene si fa un po' per uno.
Si lavora tutti e due fuori casa o si è pensionati? 
Bene, al ritorno o durante il giorno quel che c'è da fare si fa insieme; chi l'una chi l'altra cosa.
E invece...

Cosa facciamo per cena?
Spalanchi gli occhi piacevolmente stupita! Ma dai, che bello, pensi.
- Non saprei, vediamo insieme.
Tu vai verso la cucina lui si siede a tavola con il giornale.
- Ma non dovevamo preparare la cena?
- Sì
- E allora?
- Non è compito mio.
Il nervoso come una bolla di sapone sale... sale... sale. Hai in mano la paletta delle mosche e... ciack ciack ciack pataciack
- Ma che è? Devi fare tutto sto casino?
- Ringrazia il cielo che ci sono le mosche se no... ti lascio immaginare su chi finiva la paletta!

Ti siedi e aspetti, qualcosa succederà!
Niente, non succede niente. Intanto il tempo passa. Ogni tanto ti guarda con fare interrogativo e tace. Tu fai altrettanto e aspetti.
- Cosa mangiamo?
- Non lo so! Quello che prepareremo, anzi no; quello che preparerai perché stasera proprio non ho voglia di pensare a cosa fare e men che meno voglia di fare.
- Va bene.
Il tempo passa e nulla accade, alla fine...
Mai fatta una cena tanto raffazzonata, messa insieme alla carlona, condita di rabbia e accidenti. Portata in tavola di malavoglia e mangiata nel silenzio più totale... meno male perché... di mosche non ce n'erano più in giro!

Ogni giorno maledico quella mela, non perché l'ha mangiata ma perché il torsolo, quella donna, non l'ha messo dove l'avrei nesso io!

Un bel torsolo in bocca quel giorno.... 
Amen!
















domenica 1 marzo 2020

La tosse, le paturnie, il coronavirus

Ehi, ci sei? Sei ancora lì? È tanto tempo che non parliamo più.
Ci sono, ci sono son sempre stata qui. Ho provato a darti qualche pacca per farmi sentire ma tu niente! Ti sei chiusa come un riccio.

È vero ma mi sento piatta, senza brio e poi ultimamente mi sono lasciata prendere da questa paura, no non è nemmeno paura, è timore forse insicurezza non lo so nemmeno io cosa sia.
E allora dai, facciamoci una bella chiacchierata.

Cosa vuoi che dica, lo vedi anche tu che non sono più la stessa. Questi ultimi due o tre anni sono stati pesanti, fisicamente e moralmente.
Il peggioramento della malattia di papà, le sue sofferenze, la sua morte, la diagnosi di fibrosi per me.
E lo so, è stata dura ma guarda il lato positivo. Babbo lo dimisero dall'ospedale dicendo che non sarebbe arrivato al mattino dopo e invece, piano piano si era ripreso, non al massimo certo, ma tra alti e bassi ha vissuto ancora bei momenti insieme a tutti noi e quando è stato il momento si è addormentato serenamente. Lo hai avuto vicino per venti giorni a Massa ed era sereno, quasi irriconoscibile nonostante tutto ciò che stava vivendo. Lo chiamavi Pierino la peste per quel suo continuo su e giù dalla scala a chiocciola e lui come un birbantello dagli occhi azzurri come mai rideva di gusto. I momenti passati con lui sulla terrazza a chiacchierare e ridere mentre con meticolosità sistemava il suo armadio degli attrezzi e tu abbozzavi nuove africanine.

Hai ragione, è così e sono sicura che quei giorni mi hanno aiutata molto a salutarlo, a lasciarlo andare quando è stato il momento. So che ha sofferto molto, troppo ma oggi ricordo solo il suo sorriso vedendo i nipotini, gli scherzi da birbante che ha fatto a me, la mamma e a Alberta. I suoi momenti sereni.
Ecco vedi? Poi hai anche il tuo modo di pensare riguardo alla morte che certo ti aiuta.

Questo sì, è vero. Muore il corpo ma ciò che era la persona torna ad essere energia e in quella forma si rinnova ed è sempre con me, con noi. Sai, un conto è pensarlo da sempre, crederci e un altro è viverlo. Mi rendo conto che mi è veramente d'aiuto.
Sei una gran testa di birillo, cambierai mai? 

Ohh, non cominciare a rompere adesso è? 
E invece sì, è troppo tempo che non bisticciamo. E la storia della paura cosa sarebbe?

Non lo so, è tutto complicato. La tosse che per un po' mi ha lasciata in pace, da parecchi mesi è tornata a darmi fastidio. Nessun paragone rispetto a due anni fa però accidenti... sembrava andare bene e invece... eccola di nuovo qui e con questa storia del virus. Parliamoci chiaro, non ho paura di un eventuale contagio, che con una fibrosi polmonare e come diabetica, dovrei sicuramente evitare. il timore viene dalla reazione della gente. È l'aria da caccia al contagiato che mi preoccupa. Pensa te, già prima mi guardavano storto quando iniziavo a tossire immagina adesso... chiamerebbero il 112 e poi vai a spiegare che non è influenza e nemmeno corona virus che non è contagiosa e che forse dovrei essere io a portare la mascherina per salvaguardarmi da loro. Ci mancherebbe anche la mascherina a complicarmi la vita, visto che dalle indicazioni deve indossarla solo chi è malato o a contatto con persone infette. Quindi onde evitare aspetto che passi la buriana e sto in casa ma sono arrabbiata perché è sì una mia decisione ma condizionata dalla psicosi di altri, vedi un po' te cosa sta succedendo. Mi sento privata della mia libertà di scelta. Vorrei urlare ma chi se ne frega... esco, e invece sto qui a rovinarmi la vita.
Ma tu sei scema, fregatene e se hai bisogno esci, magari evita di andare al supermercato o dove c'è tanta gente per non correre rischi tu ma esci.
Finalmente dopo tanti anni con quella tosse micidiale ne conosci la causa, bene o male è sotto controllo, non è più forte come prima e ti crei di questi problemi?

La fai facile tu. Io non riesco a non pensarci. La cosa mi spaventa.
Vedi? Adesso dovresti lasciare il passo a me, invece sei talmente chiusa a riccio che non mi lasci libera di agire. Allenta un po' la presa e riposati che esco io e chissenefrega delle facce strane e se chiamano il 112, non abbiamo niente e siamo libere di fare ciò che meglio crediamo... te l'ho sempre detto: non sempre la ragione... ha ragione!

Va bene, vedremo come andrà, ciao
Ciao Ernesta buonanotte... si fa per dire ché ormai è mattina.












martedì 10 maggio 2016

Un viaggio immaginario


Giornata strana, voglia di tutto e di niente, di allontanarmi anche da me stessa.
Voglia di stare sola senza pensieri, nemmeno quello di essere in casa.
Se solo avessi ancora una moto, mi sarei vestita di tutto punto e sarei partita... destinazione mare.
Quel mare “di casa mia” che tante volte in passato ho raggiunto in giorni un po' così, uggiosi fuori e dentro.
La preparazione casco guanti e via, con l'unico pensiero di godermi il viaggio forse ancor più dell'arrivo a destinazione.
 
Pioviggina ma chi se ne frega, guidare guardandomi intorno, gustarmi ogni immagine che mi scorre accanto e che come tutto il resto resta indietro. Pochi chilometri e poi l'inizio della Cisa con le sue curve da fare in tranquillità... non avrei voglia di correre, no, questa volta no.
Me le godrei come una danza... giù a destra e a sinistra, dolcemente senza esasperazione, senza la frenesia “da piega” regalandomi il tempo di osservare ciò che mi circonda; le gazze bianche e nere che svolazzano tra faggi castagni e qualche pino.
Sì, oggi è un giorno che mi manca tanto la moto.
Il mio sogno nel cassetto di riaverne una tutta mia da tempo è svanito anche da lì, rimane solo nei miei pensieri e a volte fa male... molto male.
 
Ma ecco che nel mio viaggio ad occhi chiusi, alla mia sinistra cominciano a farsi avanti i miei monti disastrati dalle cave di marmo, ferite aperte a squarciare la bellezza delle verdi Apuane.
Le guardo e mi piange il cuore, il ricordo va a tanti anni fa quando il solo vederle mi commuoveva per la loro bellezza e accoglienza, le sentivo come... un bentornata a casa.
Qualche chilometro ancora ed ecco il mare chi si intravede per brevi tratti sulla destra tra le piante e i tetti delle case.
Esco dall'autostrada e punto in direzione mare che spero di trovare un po' arrabbiato sotto un cielo torvo al punto giusto. Tappa obbligata... un giretto sul pontile per sentire meglio la musica delle onde, il loro profumo salmastro e poi via verso quei sassoni bianchi su cui sedermi a gustare le goccioline salate portate dal vento.
 
 
 
Ma ci saranno ancora? Sono anni che non ci vado.
Dopo profondi e fortificanti respiri riprendo il mio viaggio in solitudine verso le montagne... una mezz'ora e me ne ritrovo circondata.
I canali, con le sue “buche”, dove d'estate si fanno tuffi , deserte in questa stagione e il fiume Frigido che ligio al suo nome fa capire quanto sono fredde le sue acque.
 
Arrivo a Forno, fa freddino, proseguo fino alla Filanda giro la moto e via di nuovo verso Massa.
Passo davanti a casa mia, avrei voglia di entrare, profumarmi di ricordi... quelli vecchi antichi di bambina anche se nella casa così come è oggi sono solo nei miei pensieri.
Mi resta solo di avviarmi verso il punto di partenza del mio viaggio. Ma il ritorno non mi interessa, sarà solo un guidare per tornare con la stanchezza nel cuore.

Soncino, Sunsì... metto la moto nel garage del sogno ma non sto meglio... vorrei fare tutto di nuovo ma per davvero... non solo a parole.

Ps. la mia bassottina aveva la carenatura ruote da 16" e la sella (ovviamente) ribassata ma il colore è lo stesso ^_^



martedì 12 gennaio 2016

Lunapark, la casa degli orrori

Estate Fine anni '60, avevo 16/17 anni e con il “fidanzato”... e la solita ragazza maggiorenne vicina di casa (perché senza il suo accompagnamento non potevo uscire con un ragazzo... altri tempi) andammo al lunapark.
L'autoscontro, il tiro ai barattoli, il calcinculo (la giostra con i seggiolini appesi alle catene), le gabbie, provai anche a vincere qualche cosa piantando chiodi con un grosso martello, la ruota panoramica, l'otto volante, la casa degli specchi una sorta di labirinto dove si entrava da soli ritrovandosi poi con tante altre persone che vagano tra quegli specchi ridendo di gusto e dal quale non mi fu tanto facile uscire... ricordo che mi aiutò il giovane giostraio. Tutti giochi belli divertenti e grandi risate all'aria aperta.
 Rimaneva solo “la casa degli orrori”
Che facciamo? Entriamo?
 
La maggiorenne disse di no perché là dentro si sarebbe spettinata, insistetti per poterci andare io... in fin dei conti dove potevo andare se entrata ed uscita erano obbligate, bastava che mi aspettasse alla fine del giro.
Acconsentì e così mano nella mano entrai con lui.
Il percorso era accidentato, si camminava su superfici morbide che si muovevano, oggetti che facevano il solletico alle gambe, luci che debolmente si accendevano illuminando scheletri ed assassini insanguinati, sbuffi d'aria che ti alitavano sul viso, fili che al contatto della pelle sembravano ragnatele, pozze d'acqua che non c'erano.
Ammetto, avevo paura e stringevo la sua mano senza mai mollarla, quanti urli... volevo uscire ma non era possibile... avrei dovuto arrivare fino in fondo a quel tunnel che non finiva mai.
 
Ad un certo punto qualcosa mi toccò, qualcosa di morbido, caldo, cercai di togliermelo di dosso... erano mani... mani vere che frugavano il mio corpo, urlavo tenendo per mano il mio ragazzo che inizialmente rideva della mia paura e non capiva, era molto buio, aumentammo l'andatura ma il pavimento era instabile e caddi diverse volte, mi aiutò a rialzarmi ma quelle mani le avevo sempre addosso... ovunque.
 
Divincolandomi lasciai la sua mano e dopo un tempo interminabile finalmente fui fuori lasciandolo indietro.
Arrivò subito dietro a me e mi disse che anche lui aveva “sentito” qualcosa ma mentre scappavo si accese qualche luce e non c'era nessuno.
Non potevo essermi sbagliata, quelle mani più volte allontanate erano vere, non erano effetti “speciali”.
Inutile dire che non sono mai più entrata in una casa dell'orrore, se non quelle dove si stava seduti su carrelli.
Vi dirò... un dubbio mi passò per la testa... poteva essere stato il mio ragazzo?
Ma se una mano teneva la mia, nella fase più convulsa l'altra era intorno alle mie spalle... quante mani aveva sto' ragazzo e che non ho mai visto nei tanti anni seguenti?
 
Perché parlo di questa storia? Perché i fatti di Colonia me l'hanno ricordata. 
Una grande differenza, nemmeno paragonabile lo so... lì non era un tunnel buio, lì erano all'aperto... sicuramente in compagnia di amiche, amici e gente conosciuta ma anche sconosciuta... che non ha fatto nulla?
Le cronache dei giornali non ne parlano ma... possibile che erano tutte donne da sole a festeggiare il capodanno? Possibile che nessuno tra amiche, amici e tutti gli altri che non fossero i molestatori sia intervenuto?
 
Che rabbia l'informazione a “un pezzo e un boccone”...

venerdì 20 novembre 2015

Un treno per chissà dove

 
Vorrei partire col primo treno per chissà dove, per unico bagaglio me stessa e quattro lire.
Guardare attraverso il finestrino lo scorrere di mari monti boschi e pianure, il buio di lunghe gallerie, sole pioggia giorni e notti... lasciando indietro piano piano ogni pensiero di persona conosciuta, passata presente vicina o lontana.

Ed una volta giunta a destinazione riguardare, senza ricordi, tutta la vita proiettata su uno schermo.
Osservarne gioie e dolori, pianti e risate, vittorie e sconfitte, gratificazioni e delusioni, amori ed odî. Vedere per la prima volta persone già conosciute e cercare di capire ciò che oggi non capisco, non ho mai capito.
Cercando di comprendere quando il cuore ha consigliato male in danno della ragione e viceversa, provocando sofferenze o fragili gioie a me stessa e ad altri.

Ed al fine di questo viaggio riprendere il treno ben conoscendone la destinazione... oggi, adesso con tutto ciò che ho lasciato, così com'era prima di salire su quel treno per chissà dove ma con la strana ed inconsapevole ricchezza di chi ha imparato.
Non per cambiare ciò che è stato, chiedere scusa o farmi valere, mai lo vorrei fare... e poi chi potrebbe capire... ma per essere migliore nel bene e nel male, nel dare cuore o mente, abbracci o schiaffi... da domani. 

« Essere, o non essere, questo è il dilemma:
se sia più nobile nella mente soffrire
i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna
o prendere le armi contro un mare di affanni
e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una vita così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo,
gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione. »

giovedì 16 luglio 2015

LGBT, un acronimo grande come un universo di sentimenti ed emozioni

A volte leggo o ascolto cose che mi portano in un mondo di domande... Domande senza risposte se non quelle dell'empatia... come quando leggendo un libro si diventa “quel personaggio”.
Come poco fa, leggendo un articolo e guardando un video (che ho perso chiudendo inavvertitamente la pagina).

Come si vive ad essere come gli altri ci vogliono, a guardarsi negli occhi degli altri e vedere una figura che non “siamo noi” ma ciò che la società la consuetudine la paura nostra e degli altri vuole che noi si sia...
 
<Ogni specchio ogni nostra ombra, rimanda un'immagine che solo noi conosciamo e della quale viviamo le lacrime le rabbie le frustrazioni le offese e le paure della solitudine, le violenze... prima tra tutte quella che noi stessi ci infliggiamo per timore di “far male” a chi amiamo ed a chi dice di amarci. Alla famiglia, padre madre fratelli, ai figli, a chi vive o ha vissuto con noi senza sapere o non voler sapere o sapere ma che “gli altri” non sappiano>
È così che “la” Carla racchiusa dentro Carlo, o “il” Gianni racchiuso dentro Gianna o ancora Gloria che ama Sara o Vittorio che ama Simone potrebbero rispondermi?
 
Io non so come vivrei, come mi comporterei o reagirei se il “mio vero essere” fosse altro rispetto a ciò che vede, e/o faccio vedere, al resto del mondo... non lo so... troppo facile dire “io farei così o cosà”
 
Ho provato ad immedesimarmi nei tanti Carlo/Carla, Gianni/Gianna, Gloria e Sara, Vittorio e Simone che vivono nascosti... “ascoltandoli” quasi fossero personaggi di un libro... e le cose che ho provato sono dolore e sofferenza, si sono intrufolate nel mio cuore e nella mente come una spada rovente... fa male... distrugge...
 
Sono sicura che se tutti coloro che leggono libri, guardano film, ascoltano musica immedesimandosi al punto di "viverli" come vere emozioni, "ASCOLTASSERO" con lo stesso interesse chi ci sta intorno e vicino... forse... vivremmo in un mondo migliore ed anche se così non fosse... sicuramente renderemmo meno difficile la vita di tante persone... compresa la nostra.
 
 

martedì 16 giugno 2015

Dammi il tempo


Qualche paturnia di troppo, qualche acciacco divenuto un po' più pesante negli anni e difficile da metabolizzare, qualche pensiero e preoccupazione per il futuro la famiglia... non che sia l'unica... ci mancherebbe... sono in compagnia di milioni di altre persone... ma in questo momento il saperlo ed esserne cosciente non mi è di alcun aiuto.
Il rifiuto ed il  rompimento che mi crea il leggere ed ascoltare notizie spesso senza capo né coda dal mondo e dalla "politica", se cosi si vuol chiamare il vuoto che impera in merito a Valori impegno coerenza serietà...
Sentire l'ignavia collettiva mascherata da una ribellione del genere... vai avanti tu che “poi ti seguo" serpeggiare nei discorsi... orde di garibaldini senza camicie rosse armati di tastiera che ribalterebbero l'italia, il parlamento, manderebbero a casa tutti a calci nel culo... ma che se tenti di approfondire... ti rispondono che non cambia niente... sono tutti uguali... devono solo andare tutti a casa... pronti però ad esaltare sostenere ed inneggiare l'ultimo di turno che promette di aprire la grotta di Alìbabà e distribuire benessere, onestà, rispetto!

Tutto ciò mi porta a chiudermi a riccio a non volere, non potere, non riuscire a "socializzare".
Chi mi conosce lo sa... ormai non si meraviglia più... e sa, con occhio vigile, fino a quando lasciarmi nel mio brodo aspettando che passi.... grazieeeee.
Poi c'è chi non conosce questo mio aspetto e, forse, si domanda.... perché, che è successo, sta male?... me lo fa capire ma non chiede... ed anche a questi... grazie.
Poi ci sono quelli... perché ci sono sempre... a cui non può che fregargliene di meno di come realmente stai ma che... sono fatti così... penso abbiano una vocina che gli ronza nella testa e li costringe a domandare... chiedere.... voler sapere... indagare... fare domande ed a tutti i costi... psicoanalizzare te le tue parole ed i tuoi silenzi... dopo di che, pur senza alcuna risposta e riscontro, si sente a posto con la sua vocina e ti lascia in pace... per un po'... finalmente... ohhhh che pace...

Voglio il tempo, dammi il tempo... sarà il minimo indispensabile che la mia condizione permette ma ci sarò.
Voglio il tempo, dammi il tempo... mi costa molta fatica distinguere l'ironia dal resto, cerca di tenerne conto.
Voglio il tempo, dammi il tempo... non pretendere di “risolvermi” con i metodi che vanno bene per te.
Voglio il tempo, dammi il tempo... di riprovare l'allegria della bella giornata di sole, di una canzone o di una risata senza il pensiero che domani la pagherò con gli interessi.